Era la fine mese di maggio di un anno fa ormai, quando sono venuta a conoscenza della vostra realtà. Ricordo la prima volta che ho visto i vostri musi sporgersi curiosi da quel recinto di rete elettrosaldata dove vi avevano imprigionato in quello spazio che vi eravate ricavato al di sopra di quel telo verde che vi nascondeva al mondo, per spiare all’esterno e quella sbavatura bianca all’angolo degli occhi grandi e tristi che dava l’impressione di una grande lacrima che come quella di un pierrot palesava tutta la vostra tristezza di cani da caccia considerati alla stregua di oggetti, rinchiusi in una gabbia sporca, maleodorante, pavimentata di cippato cosparso di feci e avanzi di ossa. Ricordo il bidone dell’acqua limacciosa e probabilmente calda che avevate a disposizione per bere e nonostante semivuoto, ricordo l’enorme cuccia a due posti, alta fin quasi al soffitto anch’esso di rete elettrosaldata coperto per metà da un altro telo verde e per metà di onduline in plastica che col caldo dovevano solo trasmettere calore all’interno e che precludevano al vostro sguardo anche il cielo, quel cielo che dovrebbe essere di tutti ma che qualcuno egoista e prepotente ritenendosi il padrone del mondo, riteneva giusto vietarvi di vedere. Ricordo l’enorme lucchetto che chiudeva il cancello di ingresso al vostro recinto a simboleggiare un senso di onnipotenza malato che voleva affermare la superiorità di chi è forte con i deboli e si ritiene in diritto per questo di rinchiuderli, di applicare su di loro la legge del più forte, di affermare la sua proprietà sulle loro vite. Ricordo le vostre enormi zampe con le unghie tagliate fin quasi alla pelle, e i polpastrelli grigi e morbidi appoggiati sulla rete mentre in piedi sulle zampe posteriori tentavate di farvi vedere, di far sapere che eravate li, di raggiungere una carezza, di sentire una parola dolce, che mai arrivava abbandonati come eravate in balia di voi stessi, ma soprattutto ricordo quell’abbraccio tra di voi che cercava e dava solidarietà, vittime entrambi di una società che permette tutto questo, che ritiene normale che gli animali siano relegati in prigione come e peggio dei criminali e che trascorrano le loro giornate in posti simili tra la noia e il niente, nonostante vi siano leggi che parlano di benessere animale e di divieto di tenere gli animali in condizioni incompatibili con la loro natura. (L 189 2004 che all'articolo 727 del codice penale recita: (Abbandono di animali). - Chiunque abbandona animali domestici omissis… e'punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 1.000 a10.000 euro.
Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”.
Dopo quella prima volta eravate stati nottetempo portati via di li, quasi in fretta e furia, il cancello aperto, il recinto vuoto, la grande cuccia sparita, ma il tempo mi era bastato per documentare la situazione di degrado in cui eravate costretti a vivere.
E da allora è iniziata la ricerca per scoprire dove eravate finiti. Si sa il tempo è poco e per noi umani impegnati in mille cose trascorre in un attimo, solo per voi questi mesi devono essere sembrati eterni ma alla fine vi avevo ritrovati. Sembrava strano quell’abbaiare lontano provenire dalla campagna mentre ero in passeggiata con il mio amico peloso passando sulla ciclabile e ogni volta mi ero ripromessa di indagare. E un giorno l’ho fatto. Eravate nel bel mezzo della campagna, sempre nella stessa situazione forse peggiorata perché il telo verde ora copriva tutte le pareti del recinto e pure il soffitto. Una baracca probabilmente abusiva costruita in una zona agricola che conteneva 3 cucce all’interno e alcune ciotole d’acqua ormai vuote e capovolte. Un nuovo e sfortunato amico più piccolo di taglia vi faceva ora compagnia ed era proprio lui, l’unico a riuscirci, che sporgeva il suo musetto piccolo dalla rete elettrosaldata ululando e piangendo ogni volta che io e un’amica che come me odia le ingiustizie specie quelle perpetrate sugli animali, passavamo da voi per documentare la situazione. Da lontano si sentiva il vostro ansimare e la lingua penzoloni era chiaramente sintomo di sofferenza per il grande caldo dal quale non avevate modo di sottrarvi sotto quei teli verdi che impedivano perfino il libero passaggio dell’aria. E da quel momento non abbiamo avuto tregua, volevamo a tutti i costi tirarvi fuori di li, e darvi una vita dignitosa. I sopralluoghi si erano susseguiti, in ore e giorni diversi, sempre documentati e voi eravate sempre li nella vostra solitudine nascosti alla curiosità di chi passava.
I nostri ripetuti appelli alle forze dell’ordine, guardia forestale, vigili, carabinieri, inizialmente sembravano cadere nel vuoto, tutti parevano delegare qualcun altro giocando al famoso scarica barile, ma sapevamo che il dott. Gabrielli, medico veterinario della Asl di Cles, che fa il suo lavoro con passione, responsabilità e consapevolezza e che aveva fatto sequestrare tempo prima una cagnolina detenuta in condizioni ancor più miserevoli, non poteva restare insensibile. La prima volta noi due con lui e una rappresentante della guardia forestale eravamo arrivati sul luogo per documentare la situazione, poi sono susseguiti altri sopralluoghi da parte nostra e da parte del dott. Gabrielli che alla fine, con lo spettro di una denuncia, era riuscito a far si che il proprietario dei cani creasse per loro una zona collegata esterna senza teli alla quale avrebbero dovuto avere accesso 24hr su 24 e che permetteva loro un piccolo sguardo sul mondo e un sistema di abbeveraggio automatico per far avere alle bestiole l’acqua sempre disponibile e fresca. La nostra tenacia ha portato a questo risultato. La vita dei tre segugi è sicuramente migliorata ma non è ancora quello che noi volevamo per loro. Per ora ci accontentiamo ma è probabile che andremo avanti per ottenere ancora di più.
Spero che questa storia sia di monito ad altri cacciatori che tengono i loro animali così come terrebbero il fucile appeso al chiodo o rinchiuso nella custodia, da prelevare ogni volta che serve per farne uso, ma qui non si sta parlando di fucili ma di esseri viventi che hanno bisogni e necessità come quella ad esempio di poter dar sfogo alla loro energia correndo su un prato o di fare un bagno nell’acqua fresca di un lago quando il caldo diventa asfissiante come in questa estate torrida.
Per ognuno di quei cacciatori prima o poi arriverà qualcuno come noi che saprà dire NO a certe situazioni e non si fermerà solo a guardare ma saprà intraprendere con fermezza e decisione quella strada che porterà alla giustizia per chi non può e non sa difendersi.