Quello della purezza ideologica è un tema molto dibattuto e scottante nel variegato mondo animalista e la divergenza di opinioni in questo campo genera spesso conflitti e malintesi all’interno del movimento.
C’è chi sostiene che il pensiero animalista non possa essere svenduto e non debba piegarsi in alcun modo alle logiche del mercato e del consumismo. Ideologia allo stato puro è la risposta di coloro che la pensano in questo modo affermando che l’etica può e deve essere l’unica ragione che porta qualcuno ad abbracciare il veganismo e quindi anche l’unico motivo che deve essere divulgato tra la gente per portarla a decidere di aderire alla filosofia animalista vegana. Queste persone contrastano fortemente qualsiasi argomento che esuli dalla morale di cui si fanno portatori e per questo rifiutano e invitano a boicottare prodotti vegani specie se fabbricati da aziende che di etico hanno ben poco, vedi Nestlè, Parmalat, Granarolo solo per nominarne alcune. Inoltre denigrano anche i discorsi così detti indiretti tipo quelli salutistici e ambientalisti che riportano sempre ad una scelta individuale egoistica e interessata e non mettono in primo piano la sofferenza degli animali e il loro diritto alla vita, al rispetto e alla libertà.
Ci sono poi i vegani salutisti che pensano e adottano l’alimentazione vegana principalmente o forse esclusivamente per motivi di salute in quanto è ormai risaputo e consolidato il fatto che un’alimentazione vegetale aiuta a restare sani e a vivere più a lungo. Per queste persone, che comunque contrastano con la loro scelta un sistema basato sull’uccisione sistematica di miliardi di animali ad uso alimentare, l’etica è solo una parola come tante e non ne fanno una loro bandiera ne si sentono portatori di diritti di altri esseri viventi.
Gli ambientalisti detti anche ecologisti invece sono (talvolta) vegani per un senso di rispetto e salvaguardia del pianeta in quanto è ormai risaputo che il consumo di carne è la causa principale dei cambiamenti climatici in atto di cui tutti siamo testimoni. Fanno parte di questa categoria i seguaci dei vari movimenti ambientalisti, WWF, Greenpeace, Lega ambiente (che però non hanno il veganismo nel loro statuto e i volontari spesso non sono vegan) e altri sul generis che poco si curano degli animali in quanto soggetti con diritto alla vita, ma ai quali interessano principalmente gli animali in quanto specie e l’ambiente in quanto ecosistema dove tutti, ma principalmente l’uomo con i suoi diritti auto proclamati, vivono.
Altri abbracciano l’alimentazione vegan per un senso di solidarietà verso il terzo mondo in quanto è noto che mentre un sesto dell’umanità soffre la fame, un altro miliardo consuma carne in maniera smodata e questo problema di squilibrio nella distribuzione delle risorse potrebbe essere risolto facilmente se le produzioni attuali di cereali e legumi attualmente usate per nutrire gli animali così detti “da carne” fossero usate per nutrire quella parte della popolazione del pianeta che soffre la fame consentendo così a tutti gli abitanti del pianeta di assumere un numero sufficiente di calorie, proteine, e altri nutrienti necessari.
E tra questo marasma di ideologie o correnti di pensiero o presunte tali, ecco spuntare all’orizzonte i prodotti vegani, la carne, i formaggi e una miriade di altri prodotti vegetali alternativi a quelli di derivazione animale talvolta talmente assomiglianti ai loro cugini d’origine che riesce difficile distinguerli perfino ad un vegano doc, prodotti che aumentano in maniera esponenziale di giorno in giorno e che ormai troviamo anche nel negozietto sotto casa.
E sono loro sul banco degli imputati. Denigrati dai vegani puri che rifiutano ogni connessione e legame con il mondo capitalistico e quindi anche con le grandi aziende che li producono, accettati, ma non sempre, dai vegani salutisti che vedono in loro la possibilità di non rinunciare ai piaceri della tavola cui erano assuefatti, amati dagli ambientalisti che considerano il loro diffondersi l’opportunità per nutrire un pianeta ormai alla frutta, senza che vengano distrutte le foreste tropicali per fare spazio agli allevamenti, ricercati da coloro che hanno fatto loro la scelta sociale in quanto con i prodotti alternativi il pianeta potrebbe trovare le risorse per sfamare tutti.
E’ certamente un dato di fatto che nessuno ha in mano la formula per ottenere risultati e risolvere definitivamente l’annosa questione dello sfruttamento animale, ma, e mi rivolgo agli animalisti, personalmente sono del parere che, come si dice, in guerra e in amore tutto è lecito. Allo stato attuale delle cose fare i puritani non serve a niente, ed è utopico pensare ad un’ inversione culturale anche a lungo termine in un mondo continuamente in mutazione dove niente è sicuro e tutto appare offuscato da una nube di incertezza, e dove sola cosa certa è la cultura antropocentrica e quella specista che si manifestano continuamente ovunque, (viste le innumerevoli azioni efferate nei confronti degli animali che avvengono su larga scala e su tutto il pianeta, oggi rese note anche grazie ai social) e che relegano gli animali in fondo alla scala gerarchica costruita dall’uomo e puntellata a dovere dalle religioni.
Mentre nei paesi occidentali, spesso per motivi salutistici, si tende a consumare meno carne e prodotti animali, nei paesi come la Cina la richiesta di carne, specie quella di maiale, è aumentata e sta aumentando considerevolmente tanto da indurre i cinesi a costruire interi palazzi all’interno dei quali allevare gli animali e, perfino i latticini fino a ieri tabu, stanno ora prendendo piede. Allo stato attuale delle cose è quindi impossibile fare dei pronostici per capire come andrà il mondo negli anni a venire ammesso che un mondo ci sia ancora. L’unica strada da intraprendere credo sia quella di accettare qualsiasi proposta compresa quella dei prodotti vegani alternativi, purchè vada contro il sistema. Sarebbe ingiusto verso gli animali fare delle scelte esclusivamente umane che non tengono realmente conto del loro diritto alla vita. Se per noi ogni vita davvero conta e non lottiamo per la salvaguardia della specie ma per il salvataggio della vita di ogni soggetto animale, se ogni scelta che facciamo al posto degli animali implica che anche una sola loro vita sarà salvata, noi abbiamo il dovere di compierla, se un ragazzo che domani entrando al Mc Donalds opterà per un vegburger al posto di un burger di carne o se per ogni cliente del supermercato che acquisterà una confezione di affettato o di formaggio vegan al posto di una confezione di prosciutto o di formaggio vaccino la vita di qualcuno sarà risparmiata, allora vorrà dire che i prodotti alternativi saranno serviti ad ottenere questo risultato.
Noi dobbiamo guardare agli altri animali come se fossero nostri fratelli e non saremmo disposti ad usare ogni arma per salvare la vita di un nostro fratello? L’importantissimo traguardo che abbiamo, quello di un mondo giusto per tutti dove nessuno dovrà morire per qualcun altro, deve essere raggiunto mietendo il minor numero di vittime possibili e per fare questo allora dobbiamo per forza scendere a compromessi e mettere da parte la nostra purezza ideologica perché è impensabile poter avere tutto e subito. Ogni cambiamento necessita di tempo, implica periodi di transizione e mutamenti culturali che solo il tempo potrà apportare. E’ chiaro che se noi animalisti conoscessimo la formula magica per fermare immediatamente tutte le violenze sugli animali la utilizzeremmo, ma sfortunatamente non è così e quindi dobbiamo nostro malgrado adattarci al sistema combattendolo con le sue stesse armi nell’ottica che sarà il sistema stesso ad autodistruggersi ma ricordandoci sempre che il veganismo non è mai stato una scelta personale ma un dovere verso la vita e il diritto di tutti a viverla.