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Con l’aumento demografico e le risorse sempre meno disponibili su un pianeta ormai ad un passo dal collasso viene da chiedersi quale sarà il futuro della specie umana. In realtà visto ciò che l’uomo ha combinato fin’ora ci si potrebbe augurare che di futuro non ce ne sia proprio per la nostra specie che in circa duecentocinquant’anni ha distrutto e inquinato a dismisura la terra, il mare e perfino i cieli, riducendo l’ambiente in cui vive un posto malato dove l’esistenza diventa sempre più difficile e pericolosa. Ma se il problema dell’inquinamento ambientale occupa il primo posto in quanto a gravità, occorre per risolverlo, affrontare il problema incombente e non più posticipabile dell’alimentazione umana in quanto è ormai risaputo che la causa principale di tutto questo è riconducibile alla produzione di carne negli allevamenti intensivi e che quindi l’avvenire della specie umana è strettamente legato alle sue scelte alimentari.

Gli allevamenti intensivi: Un po’ di storia.

Le prime fabbriche di prodotti animali hanno le loro radici in USA nel primo ventennio del secolo scorso e la sua triste origine è attribuibile, pare, ad un errore capitato nel 1926 quando un modesto allevatore di bestiame della penisola di Delmarva decide di tenere un carico di 450 pulcini ricevuti per sbaglio e di tentare il primo allevamento di tipo intensivo nella sua fattoria ottenendo il risultato che in meno di 10 anni i 450 si riproducono e arrivano a toccare il numero di 250mila esemplari.  

Negli anni 60 Con l’aumento della produzione di antibiotici che permettono di stipare un numero elevato di animali in spazi ristretti preservandoli dalle malattie arriva la diffusione su larga scala di questo tipo di allevamento.

Negli anni ’80 un certo Wendell Murphy, che per questo si conquisterà il macabro titolo di “re della carne di maiale” imitando quanto era avvenuto fino a quel momento negli allevamenti avicoli, pensa bene di allargare l’allevamento intensivo ai maiali. I risultati di questo tipo di produzione non si fanno attendere, e l’allevamento intensivo negli Stati Uniti inizia a coinvolgere anche i bovini, allevati sia per la produzione di carne che per quella del latte.

In Italia gli allevamenti intensivi nascono nel secondo dopoguerra allo scopo di accontentare la crescente richiesta di prodotti animali e soddisfare sempre più velocemente e a costi sempre più bassi e alla portata di tutti un popolo sempre più affamato di questo alimento. E’ da questo momento in poi che gli allevamenti intensivi si ingrandiscono e si diffondono a macchia d’olio in diversi paesi del mondo, fino a raggiungere l’estensione odierna colpa anche dell’aumento incontrollabile demografico specie nei paesi asiatici e la conseguente richiesta di carne, e nonostante gli anni più recenti abbiano visto anche un aumento esponenziale di prodotti e persone vegane e vegetariane, la produzione di carne riesce comunque e di gran lunga a superare anche l’aumento della controparte vegetariana e vegana.

E tutt’oggi la corsa umana verso l’autodistruzione continua senza tregua, nonostante la consapevolezza che il nostro cammino è diretto verso il baratro, non riusciamo a fermarci e come spinti da una follia omicida ignorando i mille segnali attorno a noi che dicono che abbiamo perfino superato il punto del non ritorno, imperterriti proseguiamo su una strada che ci porterà inevitabilmente all’estinzione.

Di fronte ad uno scenario di un mondo sempre più affamato di carne e alla conseguente richiesta di prodotti animali, quali sono le alternative che potrebbero cambiare totalmente le carte in tavola?

Nell’ultimo quinquennio abbiamo assistito, ad un avanzare lento ma inesorabile della carne vegetale, la più famosa delle quali è forse l‘americana Beyond meat, che è entrata piano piano ma a pieno titolo prima nei negozi specializzati e poi nei supermercati e perfino nel negozietto sotto casa sotto forma di vegburger, polpette, cotolette, salsicce, affettati tutti a base vegetale ai quali nel tempo si sono affiancatia ltri tipi di prodotti vegetale come i formaggi o il pesce reperibile solo su siti specializzati, ed una serie infinita di marche di latte vegetale che ha superato nella vendita anche quello vaccino. Fiutato il business dettato dall’aumento esponenziale della richiesta, alle aziende etiche nella produzione di carne vegetale si sono affiancate anche altre grandi aziende non etiche Nestlè, Parmalat, Granarolo, Beretta, per menzionarne alcune, che hanno iniziato a produrre e commercializzare questo tipo di prodotti diversificando la loro produzione e copiando gli originali animali tant’è che oggi si potrebbe tranquillamente evitare di mangiare qualsiasi prodotto animale nutrendosi con i sostituti vegetali.

Nel frattempo nel movimento animalista da sempre diviso per conto suo, è sorta una serie di domande di tipo etico che hanno generato diverse fazioni e punti di vista. Se c’è chi rifiuta ogni tipo di prodotto vegetale alternativo alla carne perché legato anch’esso al consumismo e alle logiche del mercato e quindi allo sfruttamento umano e animale e vede in un cambiamento etico e radicale la sola strada per cambiare questo mondo e fermare l’olocausto animale, dall’altra parte c’è chi invece auspica un aumento e un espansione ancora maggiore di questi prodotti e vede in essi la possibilità graduale di cambiare le abitudini alimentari dei carnivori e l’unico modo per fermare un giorno il terribile olocausto animale in atto.

Ma, mentre i dibattiti all’interno del mondo animalista proseguono ecco affacciarsi all’orizzonte un’altra possibilità. Si tratta della carne sintetica o meglio carne prodotta in laboratorio da cellule animali o addirittura dal sangue degli animali prelevato con una semplice siringa senza provocare dolore, che potrebbe mettere d’accordo tutti in quanto sazierebbe quella parte del mondo onnivoro che insensibile alla sofferenza degli animali, non ha alcuna intenzione di rinunciare alla “succosa” fiorentina e quindi continuerebbe ad acquistarla dal macellaio sotto casa ma anche coloro che vorrebbero rinunciarvi ma, dicono, “non ci riescono” perché le loro papille gustative sono ormai focalizzate su abitudini consolidate difficili da cambiare. La carne sintetica potrebbe mettere d’accordo anche il mondo animalista? Realisticamente parlando è quasi impossibile pensare che un giorno tutta la popolazione mondiale abbandoni il consumo di carne animale per nutrirsi di surrogati vegetali ed è altrettanto impossibile credere in un risveglio generale della coscienza che porti la gente a rendersi improvvisamente conto che uccidere è sbagliato, che allevare altre vite per ucciderle è sbagliato, che nutrirsi del sangue e della sofferenza di animali uccisi è sbagliato. Lasciando quindi da parte le utopie, se la produzione un giorno non tanto lontano di carne etica, ci garantisse che nessun animale finirebbe i suoi tristi giorni in un piatto, perché non valutare questa possibilità? Se il fine ultimo di ogni animalista/antispecista che si rispetti è davvero la salvezza degli animali, di ogni vita animale, e la presa d’atto che tutti gli esseri viventi diversi dalla specie umana hanno il diritto di vivere un’esistenza libera e avulsa da interferenze umane, se davvero chi lotta per i diritti animali guarda speranzoso ad un futuro migliore dove nessun essere vivente sarà schiavo di un altro essere vivente, perché non prendere in considerazione anche questa possibilità ed i suoi indiscutibili vantaggi? La carne sintetica, o in vitro o artificiale potrebbe mettere d’accordo tutti visto che non solo salverebbe la vita agli animali ma salverebbe il pianeta con un risvolto etico ambientalista che potrebbe unire anche quegli animalisti che rifiutano la carne vegetale perché vedono riflesso in essa quel consumismo da cui vogliono chiamarsi fuori in quanto sarebbe prodotta in laboratorio e non implicherebbe per la sua produzione lo sfruttamento di operai o di manovalanza minorile, arrivando perfino a mettere in crisi economicamente proprio quel settore che non solo lucra sulla pelle di esseri indifesi ma che per farlo ha distrutto il pianeta.

La carne artificiale inoltre, potrebbe tranquillamente risolvere il problema di come nutrire gli animali domestici che non essendo per natura vegetariani hanno sempre creato nei loro compagni animalisti una sorta di crisi di coscienza ogni qualvolta che al supermercato si infilano nel carrello della spesa con senso di colpa e quasi di nascosto, scatolette, bustine, crocchette insomma tutti quei prodotti di cibo per animali che negli ultimi decenni hanno occupato spazi sempre più ampi sugli scaffali e che rappresentano un business miliardario per chi li produce ma che sono spesso discutibilmente salutari e in molti casi fabbricati con scarti di macellazione che anche paesi come Marocco, Algeria e altri, inviano nella nostra penisola a tonnellate per finire, macinati, tritati e lavorati ad hoc, nel cibo per animali domestici.

La carne sintetica avrebbe inoltre il vantaggio di non contenere antibiotici e tutti quei farmaci di cui si parlava e che ancora oggi vengono usati negli allevamenti per rimediare allo stato di malessere in cui gli animali vivono e alle conseguenti malattie legate a questo stato.

 La carne sintetica. Un po’di storia

I primi esperimenti concreti di coltivazione in vitro della carne risalgono agli anni 1999-2002 quando la Nasa avviò un programma di produzione di cibo destinato ai viaggi spaziali. Trasportare carne macellata sarebbe stato impossibile dati gli spazi e la quantità necessaria

La carne coltivata o carne pulita (o anche carne sintetica, artificiale o in vitro) è un prodotto di carne animale che non è mai stato parte di un animale vivo. Nel ventunesimo secolo diversi progetti di ricerca sono riusciti nella produzione di carne in vitro nei laboratori tant’è che allo stato attuale ci sono circa una cinquantina di start-up in giro per il mondo dedicate a questa attività. Il primo hamburger in vitro, creato da una squadra olandese, è stato mangiato ad una dimostrazione per la stampa a Londra ad agosto 2013 (wikipedia)

  • Si tratta di carne a tutti gli effetti che viene coltivata in vitro partendo da cellule di pollo, di bovino o di pesce. Le cellule diventano carne ma senza che venga ucciso nessun animale. In parole povere La carne prodotta in laboratorio viene realizzata prelevando cellule muscolari e nutrendole con proteine che aiutano la crescita del tessuto una volta che il processo è iniziato potenzialmente è possibile continuare la produzione all’infinito senza aggiungere nuove cellule da un organismo vivente. Attualmente in Israele pare si stia studiando un processo per cui per formare la carne di pollo non serve nemmeno il prelievo dall’animale ma bastano le cellule di un uovo. E proprio in Israele pare sia nato il primo ristorante che serve la carne di pollo in vitro https://supermeat.com/

E allo stesso modo un domani si potrà probabilmente produrre latte vaccino, formaggi yogurt e tutta una serie di prodotti dei quali oggi conosciamo bene il prezzo in termini di sacrificio violenza e maltrattamento degli animali. Qualcuno obietta che il sapore di questa carne sarà diverso dalla classica bistecca ma questo sicuramente sarà un aspetto migliorabile e, considerato che anche nei paesi europei c’è chi è disposto a nutrirsi in futuro di insetti perché allora non mettere nel piatto una bistecca sintetica?

Eppure c’è, in molte associazioni una certa reticenza ad accettare la carne sintetica quasi volessero dire “Se non li salvo io gli animali non li deve salvare nessuno” e questa logica pare abbracciare anche altre cause di liberazione animale vedi in questi giorni il caso degli orsi imprigionati al Casteller a Trento che Brigitte Bardot vorrebbe portar  via dalla loro prigione per sistemarli in un parco bulgaro con il consenso di molti animalisti ma anche le critiche di altri che sollevano obiezioni in merito al posto dove andrebbero a finire come se restare in una gabbia fosse per gli orsi una soluzione migliore. Il fatto è che troppo spesso non riusciamo a metterci realmente nei panni degli animali vessati, torturati, imprigionati e non riusciamo a provare quell’ empatia che dovrebbe stare alla base di tutto il movimento animalista come unica emozione che riesce a farci percepire la sofferenza degli altri esseri viventi e continuiamo invece a ragionare da esseri umani anteponendo egoismo, megalomania e mania di protagonismo alla libertà degli altri animali, quindi ponendo ancora una volta una barriera e un distinguo tra noi e loro.

Ed è per questo che c’è chi, legato più ai suoi ideologismi che alla soluzione della sofferenza animale, vede la carne coltivata come un palliativo di un problema molto più complesso che riguarda il nostro ancestrale rapporto con gli altri animali e ritiene che è proprio questo rapporto a dover cambiare e non il modo di produrre carne convinto che la liberazione animale non possa passare attraverso sostituti che altro non fanno che rafforzare nella gente la centralità e il bisogno incondizionato di questo alimento nonché il convincimento della nostra superiorità e dei nostri diritti rispetto a quelli di altre forme viventi.

E’ indiscutibile che il modo più veloce per salvare il pianeta e gli animali che lo popolano insieme a noi sia quello di abbracciare un’alimentazione totalmente vegetale, sappiamo quale prezzo stiamo pagando anche in termini di salute, causa l’ingordigia e l’avidità che ci sono caratteristici, sappiamo che l’alimentazione vegetale è la più sana ed è l’unica che può garantirci una vita lunga, sappiamo che oggi si tende a mangiare molto più di quanto in realtà il nostro organismo necessiti e di quanto questo surplus di proteine sia dannoso per il nostro corpo.

Dovremmo quindi in primis rivedere il nostro modo di alimentarci e di consumare riducendo la quantità e optando per la qualità e sappiamo anche quanto sarebbe bello e auspicabile che un giorno il pianeta tutto diventasse vegan ma, obiettivamente parlando questa prospettiva è pressoché impossibile e comunque lontanissima, non ci rimane tutto questo tempo e allora ciò che dobbiamo fare è essere realisti e trovare un modo, qualsiasi modo, per fermare il massacro quotidiano degli animali nei macelli e salvare il pianeta ma, tanto per restare in tema, visto che la carne è debole, la cosa da fare è quella di pensare ad un modo diverso e alternativo di alimentarci. La carne artificiale/etica potrebbe essere la risposta. Non sarà per i vegani e gli animalisti che di certo continueranno a nutrirsi con i loro prodotti vegetali al 100%, ma sarà per tutti gli altri cioè per quel 90% della popolazione mondiale che non rinuncerà alla bistecca. La carne etica potrebbe essere davvero la soluzione per salvare gli animali, il pianeta e la specie umana.

Elenco dei siti delle principali aziende impegnate nella ricerca della produzione di carne con le cellule : 

…….e poi forse arriveranno anche i cinesi  che prestovche venderanno la carne fatta nei loro laboratori a metà prezzo…..

 

 

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