Tempo di lettura: 4 minutiDi Daniele Ruta 10.12.2018 www.danielerutagiornalista.com
La difficoltà di essere cane. E’ il titolo di un libro di uno scrittore spagnolo. Una magnificente rappresentazione letteraria che si vuole diventi il lancio del sasso che fa partire il racconto di un viaggio che è poi in sintesi una riflessione sulla vita dei cani e dei loro compagni uomini. In un tempo imprecisato, in un giorno lontano, gli uomini e i cani capirono che avrebbero potuto condividere la loro vita, abbracciarsi nella felicità e affrontare insieme tutti gli ostacoli, tutti i pericoli. Non potendo prevedere la sconcertante evoluzione dell’umanità, inquadravano il loro incontro e il loro vissuto nel normale divenire degli eventi della natura e di certo non poteva immaginare l’uomo e nemmeno il cane di trovarsi, per esempio, in un paese di confine spagnolo ed essere guardati con disprezzo dall’uomo dell’osteria che nel suo tugurio, riempito di immondizie, grida all’igiene e non li fa entrare o che un viaggio in treno nel paese iberico voleva dire che in treno insieme non sarebbero potuti andare. Questa scintilla divina, il cane, non sarebbe mai arrivato a pensare che l’ignominia degli uomini avrebbe trasformato questa anima animale e gli avrebbe dato un ruolo e scientificamente determinato il suo destino creando le razze e finanche le nazionalità con cani francesi o spagnoli o cinesi. E così, se un cane in Spagna può essere impiccato o buttato vivo nel bruciatore della perrera (li chiamano così i canili) se entro una settimana non viene adottato da qualcuno, o se in Cina quasi sempre viene mangiato, in Francia potrebbe avere la fortuna di essere coccolato dal gestore di un locale che gli porta l’acqua e qualche volta anche da mangiare. Voler indagare tutti i destini e tutte le differenze nella vita del cane significa centrare il vero ruolo degli uomini che vogliono i cani con loro e dare un volto a chi è davvero degno di abbracciarsi alla felicità del cane e far capire a tutti gli altri, ovvero alla stragrande maggioranza dell’umanità amorfa, che esiste la certezza della pena per chi tiene un animale che non si ama. Una condanna, che poi vedremo e che nelle svariate forme si dovrà espiare. Sempre!
L’intuizione concretizzata da un pensiero e la trasmissione del pensiero al mondo sono fenomeni oramai accertati. Sono stato testimone un giorno di una scena ad Assisi che è prova palese del fenomeno accertato. Incrocio un uomo con un cane molto vecchio che sta per morire e mi dice:”La vendetta arriva sempre contro chi fa del male agli animali”. Qualche giorno dopo incontro un altro uomo a spasso con un cane giovane e mi dice la stessa cosa dandomi però la prova invitandomi a bere un caffè a casa sua per farmi visionare dei ritagli di un giornale.
Un articolo parla di un povero cucciolo di cane seppellito vivo e,anche se tutti in città sanno chi è stato, l’articolista si guarda bene di citare il carnefice. L’altro articolo parla dello stesso uomo,l’assassino, della sua malattia conclamata qualche mese dopo il crimine e che lo ha ridotto a vivere in uno stato infernale. “Ha visto?-dice chi mi ha invitato-chi legge non può sapere della connessione degli eventi, ma questa connessione esiste e non è una coincidenza”. Quanti di voi hanno pensato che la vera e grande rivoluzione
animalista per la salvaguardia e la dignità degli animali si concretizza, anche, mutando il linguaggio degli umani che, arbitrariamente, pronunciano offesa agli animali?
Si dice che hanno vinto cani e porci per il disprezzo verso i vincitori. Traduciamo:magari fossero davvero loro i vincitori che dalla notte dei secoli hanno subito, subito, sempre e ancora subito. Ebbene, proprio in questo giorni abbiamo saputo che una università scozzese ha lanciato un manifesto appello proprio in questa direzione, mutare il linguaggio per abbattere l’offesa rilevando la dignità animale.
Dunque una intuizione collettiva vi è stata e anche la trasmissione del pensiero si è verificata. Un manifesto appello maturato con il pensiero di tanti e con la comunicazione di livello alto, ovvero il pensiero puro, e la comunicazione di livello basso data cioè con gli strumenti che conosciamo. E dunque allora perché scartare a priori la connessione per la vendetta che abbiamo raccontato? Perché ritenere per certo che solo una coincidenza vi è stata? Oltretutto in una realtà umana che vive una quasi assenza di conoscenza sul mistero della vita e della morte, sugli spazi cosmici e sull’energia degli uomini e degli animali in continua trasformazione. Un esempio. Il monaco Giordano Bruno fu messo al rogo dalla chiesa principalmente perché affermava l’esistenza delle dimensioni parallele. Oggi una parte della scienza ne ammette l’esistenza e, forse, chissà, tra duecento anni sarà dimostrata la connessione della vendetta mettendo a tacere quegli stessi scettici della chiesa che umiliarono Galileo Galilei e che avrebbero bollato come pazzo chiunque avesse immaginato un viaggio verso la luna.
Il linguaggio dicevamo. Si dice “quell’uomo ha un cuore di cane, ha la sensibilità di un elefante, è un maiale!”. Ma lo conoscete il cuore di un cane? Sapevate che gli elefanti sono tra gli animali più sensibili? E che il maiale è uno degli animali più puliti? Poiché è il suo arrotolarsi nel fango che permette di asciugare il sudore ed eliminare i grassi della pelle. I lupi, in branco, formano una delle famiglie più felici ed invidiabili del mondo e si capisce presto il motivo di questo linguaggio inventato dagli uomini. Non è solo la necessità degli uomini di imporre il loro dominio sugli animali, la loro superiorità. La vera verità è un’altra e più drammatica. Il mondo animale con la sua felicità naturale è lo specchio dell’infelicità degli uomini e in questo rispecchio gli uomini, con invidia, sentono il bisogno di vedere altre scene, di costruire, inventare per accertarsi che non esiste una felicità naturale. Dopo la notte dei tempi, quando la relazione naturale degli uomini si trasforma in relazione sociale, primo embrione per il pensiero infelice, per la vita infelice, il mondo animale comincia a subire l’ignominia della violenza gratuita, quella senza scopo, senza senso, innaturale appunto. Una violenza che non conoscono nemmeno gli insetti più piccoli e nemmeno le molecole o gli atomi, i virus e i batteri. La violenza naturale, tutta diversa dalla crudeltà inventata dagli infelici, ha sempre uno scopo, affonda sempre in una ragione, non è mai fine a se stessa. La natura risponde sempre con una logica che è prova di serenità mentre nell’infelicità illogica dell’umanità si ritrovano tutti gli scompensi come la cattiveria, l’arbitrio, la vigliaccheria, il bisogno di sentirsi forti da vigliacchi andando contro gli esseri più deboli che non possono parlare ne denunciare. Pensate al grande olocausto circense durante l’Impero Romano quando milioni di animali furono sterminati per il diletto del popolo che doveva garantire il potere e il consenso. Con nuove e più strutturate “civiltà” si complicavano le relazioni sociali e di conseguenza cresceva l’infelicità umana e dunque anche la violenza senza lo scopo naturale, quella violenza che avrebbe dovuto far sentire felici gli infelici, forti i deboli, coraggiosi i codardi. Nasceva e si sviluppava la maledizione degli uomini.
continua …